top of page
Immagine del redattoreDino Morabito Studio

Dall'Utopia alla Distopia

Aggiornamento: 15 mag 2020


Nelle mie notti insonni, ultimamente mi sono imbattuto in uno dei film che da bambino mi rapì di più: Tempi Moderni, senza capirne l’essenza e l’opera un bambino percepisce il talento di un uomo, Charlie Chaplin, capace senza parlare, di rapire la fantasia di un bambino ed attraverso un’espressione, una postura, una gag elementare e farlo ridere. L’ho rivisto, tutto d’un fiato e le sensazioni rimangono uguali con in più la percezione e la elaborazione di uomo maturo. Il risultato è stato stupendo, ho riscoperto, anzi ho scoperto delle connessioni insperate, insospettabili con le ansie e gli affanni a volte tragicomici come del resto il film è, con la nostra modernità.



Era il 1936 quando il film ambientato nella sua attualità , uscì. Erano anni di grande affanno, anni in cui si faceva una gran fatica a mettersi alle spalle la grande crisi (del ’29) e Charlot era un triste operaio di una grande fabbrica che con i suoi diabolici meccanismi annullava totalmente l’iniziativa personale e disponeva dell’uomo solo della sua mera capacità esecutiva. Alienante per chiunque, alienante per Charlot che impazzisce, lascia la fabbrica, guarisce ma, dopo non riesce più a trovare lavoro. Viene escluso. Si infila nei guai , viene arrestato , esce dal carcere per buona condotta ma, disperato e provato dalla miseria tenta di tornare in carcere per poter almeno mangiare. Durante le sue scorribande conosce Gamine, altro personaggio dolcissimo e tragicomico.


Fuori da ogni logica contemporanea , persone ai margini di ogni progetto inclusivo trovano riparo in un lavoro tragicomico, cantante e ballerina in un lussuoso ristorante. Ma ovviamente la fortuna presto svanisce tra le mani dei poliziotti che inseguono lei nel tentativo di riportarla in quell’orfanotrofio da cui è scappata. La fanno franca tuttavia. Tra tutti i finali, Charlie Chaplin ci regala l’unico possibile in quegli anni, l’happy end. Una nuova coppia di scapestrati, romantici, speranzosi ed innamorati della vita si era formata. Un certo e fortunato cinema ha il suo big bang, le persone escono dalla sala sorridenti.


In Cina l’app più scaricata è Wechat, un’applicazione per smartphone e pc di messaggeria istantanea. Noi sappiamo questo, non è cosi.



Oggi in Cina Wechat è praticamente un sistema operativo che consente loro di messaggiare, postare foto, frasi, video, mandare e ricevere video o audio, ascoltare musica ma , anche pagare, prenotare, scegliere, fare shopping, interagire col sistema pubblico, insomma tutto quello che serve per la completa interazione tra individuo e network. Ovviamente è il sistema più usato per farsi trovare, registra la tua posizione, ne puoi immettere i tuoi dati sanitari, insomma in Cina oggi si fa tutto con Wechat.


I paesi occidentali si pongono, a ragione, la questione della privacy. Quantomeno esiste un dibattito pubblico. In Cina no. Il dibattito ha pieghe interessanti quando affronta la questione del libero arbitrio. Quando pone la domanda di base, è davvero libertà la nostra quando abbiamo la sensazione che le scelte del maggior numero di noi siano in realtà indotte? Quando quella mole devastante di dati che vengono raccolti poi spostano l’interesse dalla ricchezza reale o presunta tale come il denaro ad un altro tipo di ricchezza, che è la capacità di disporre dei sogni, desideri, frustrazioni, memoria, gusto e prospettive, sottoforma di Big Data di ognuno di noi? Mi spiego meglio la vera ricchezza si sta trasformando da possesso del denaro a possesso di ciò che per noi è ancora più prezioso, la nostra intimità, la nostra storia.



Di fatto oggi è così, la vera ricchezza sono i dati, attraverso quelli ormai sei in grado di gestire i grandi flussi di ricchezza e di potere. Nel 1936 un operaio aveva una storia composta da nome, cognome , titolo di studio, numero di matricola, stop. Oggi la nostra storia è molto più complessa e ovviamente meno gestibile, meno proponibile, meno interfacciabile. Il network ci ha fagocitato ed ora ci fa da balia.


Mi ha fatto molto riflettere l’iniziativa di Trump di istituire un portale governativo , quindi gestito a tutti gli effetti da apparati amministrativi dello stato, che si occupa di raccogliere tutti i ricorsi presentati da chi a torto o a ragione è stato BANNATO da uno dei tanti social del network mondiale. Faccio ricorso, presento la documentazione, le controdeduzioni e aspetto l’esito, se ho ragione, lo stato americano sarà al mio fianco per la reintegrazione.



Su questa cosa ci si potrebbe perdere nel discuterne l’opportunità , tant’è che è li , è stata fatta ed è l’ulteriore prova che i tempi moderni di Charlot raccontano un’alienazione che oggi è in atto. La mia riflessione è che siamo passati dall’utopia della democrazia planetaria, giusta, magnanima, incontaminata, globale, fondata su principi di etica politica e filosofia del diritto alla distopia in cui se dormi male ti arriva una notifica che ti fa sapere che è in commercio un nuovo prodotto che ti farà fare sonni ancora più…tranquilli.

65 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page