Bussando alle porte del paradiso, mentre fuori l’inferno infuriava e dava l’appello: “forza, in fila, rigorosamente, uno dietro l’altro, respirate piano e sottovoce, tanto fuori non ci sentono”.
Calano sipari di tubi e mascherine, oddio! l’ossigeno sta finendo, i camici bianchi hanno perso il sorriso e segnano il passo. Non è più tempo per chi si attarda, per i perditempo. Per chi è ancora in strada. Non è più tempo per chi spreca le sue parole o le sue note.
Bussando alle porte del paradiso, alla fine abbiamo trovato le nostre storie, sorgenti limpide, sassi di spiagge colorate, finestre aperte perché entri sempre il vento, vento di mare.
Chiusi nelle nostre mura ma in piedi, vivi, abbiamo alzato la testa, asciugato le lacrime; abbiamo sfoderato le chitarre, schiarito la voce, accordato il basso e abbiamo iniziato a dare il ritmo.
Perché il tempo, con quel ritmo, ritornasse a dare quel sapore, prima di tutto, alle nostre vite. Dopo tanto rotolare, il tempo ha smesso di ruggire, fuori non era più tempo da dimenticare. Il vecchio sig. Zimmerman ci ringraziava e ci implorava di tenere gli occhi aperti!
E senza sapere bene perché, abbiamo lanciato in aria le nostre voci, imperfette (che la perfezione non ci è mai piaciuta, mai veramente), perché soffiassero ovunque ci sarà (se ci sarà) qualcuno che avrà voglia di ascoltarle.
Ehi gente, come sta andando? Volevamo solo dirvi “noi ci siamo, non ci siamo dimenticati di come si fa, che non è ancora tempo per i saluti”. Ehi gente, “l’inferno esiste solo per chi ne ha paura”, ce l’ha insegnato il nostro amico fragile!”, è tempo di credergli! Ehi gente, la nostra è solo una preghiera laica per le anime di tutti, di chi ci ha lasciato per un pò e di chi, come i Retablo, continua a portarne la croce.
A hard rain’s A-gonna fall, ci potete contare, allora facciamoci trovare pronti e in gran forma, Halleluja
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